Abbiamo cercato di trasformare il problema in un'occasione.
Abbiamo sperimentato lo smart working sulla quasi totalità dei nostri 45 dipendenti, un buon banco di prova e la misura della nostra maturità
È passato quasi un mese dai primi casi di Covid-19 a.k.a. Coronavirus in Italia e i primi focolai italiani, come è noto, si sono registrati in Veneto e Lombardia.
Indovinate un po’: il nostro HQ è a Padova e la nostra sede commerciale a Milano all’interno di Le Village. Quando si dice fortuna, giusto?
Come chiunque altro in Italia, anche noi in Uqido abbiamo passato questo periodo a scoprire per gradi come questa situazione avrebbe impattato sul nostro lavoro e sulla nostra vita privata. La settimana scorsa sotto questo punto di vista si è rivelata un momento particolarmente incerto: siamo rimasti tutti un po’ sospesi a soppesare la reale gravità della pandemia, non più sicuri di come dover gestire i nostri spostamenti e appuntamenti quotidiani, tra supermercati presi d’assalto e strade improvvisamente vuote, sino ai primi clienti che hanno deciso di rimandare gli incontri a data da destinarsi.
Le notizie fornite dai media mai incoraggianti e le, giustissime, disposizioni imposte dalle istituzioni hanno posto notevoli restrizioni alla circolazione delle persone. La prudenza in questi casi non è mai troppa ed abbiamo deciso di adottare anche noi delle misure preventive nell’attesa di capire la reale entità del problema.
Di cui una misura della quale si è molto parlato come unica soluzione per non fermare il lavoro della maggior parte delle aziende: lo smart working.
La cultura organizzativa di Uqido ha sempre previsto flessibilità nei luoghi e nei tempi di lavoro, motivo per cui il lavoro da remoto non è mai stato un problema: avere due sedi distanti e dipendenti che non abitano esattamente nei pressi dell’headquarter presuppone la possibilità e la capacità di comunicare e organizzare il proprio lavoro in maniera del tutto digitale.
Lo smart working quindi è sempre stato un elemento ammesso e contemplato, nonché vissuto con estrema naturalezza. Ma è anche vero che fino a pochi giorni fa ha sempre coinvolto non più del 10-20% dei dipendenti, e mai per più di qualche giorno.
Time to experiment
Abbiamo allora cercato di trasformare il problema in un’occasione, sperimentando lo smart working sulla quasi totalità dei nostri 45 dipendenti! Un buon banco di prova e la misura della nostra maturità (anche se a dire il vero qualcuno lo fa da un po’ più di tempo in maniera puntuale).
Per i pochi temerari arrivati in ufficio la situazione si presentava surreale, un silenzio mai provato prima (lavoriamo in un open-space) e un tavolo da ping-pong inaspettatamente sempre disponibile!
Uqido sviluppa prodotti digitali secondo la metodologia Agile Scrum, che presuppone una serie di rituali che coinvolgono un intero gruppo di lavoro, come:
- Stand-up meeting mattutini, allineamenti quotidiani e veloci tra tutti i componenti di un team volti a portare all’attenzione dell’intero gruppo avanzamenti, bisogni e criticità dei singoli individui per una progressione ottimale delle attività;
- Review, ovvero la revisione del lavoro svolto in uno step appena terminato assieme al cliente;
- Sprint Planning, la pianificazione in concerto tra tutti i membri di un team delle attività da porre in essere nell’imminente step di sviluppo di un progetto;
- Retrospective dei progetti, un confronto tra i membri di un team per valutare elementi positivi e negativi della metodologia di lavoro attuata in uno step appena concluso, atta a migliorare la successiva iterazione.
Una metodologia di lavoro con poca documentazione e con tanto allineamento face-to-face, che presuppone anche un notevole coinvolgimento empatico tra membri del team e col cliente.
‘Le persone e le interazioni sono più importanti dei processi e degli strumenti’, non a caso, è un precetto dell’Agile Manifesto: cosa accade quando viene messo alla prova da un rapporto tra colleghi improvvisamente mediato solo dal digitale, con una comunicazione spesso asincrona?
Smart working implica dunque responsabilità e fiducia su ogni dipendente. Inoltre, flessibilità oraria, organizzativa e geografica funzionano se i membri dei team hanno un quadro informativo e concetti di base sufficientemente chiari per sopperire alle minori occasioni di allineamento.
Sta funzionando? Rispondiamo attraverso le voci di chi l’ha vissuto in prima persona.
Eric H.
Lo smart working mi permette di avere scelta, nonchè un’ora extra al giorno lavorando da casa. La concentrazione su certi tipi di lavoro in solitaria si sposa bene con il laboratorio di casa. Poi c’è anche la mia gattina. Ma per alcune attività è decisamente meglio vedersi faccia a faccia con i colleghi, e altri lavori sono abbastanza critici in un gruppo. Certo, i meeting con i clienti implicano più lavoro e sono meno produttivi da remoto, ma dipende dal tipo di meeting. Tra l’altro, avendo viaggiato centinaia di migliaia di chilometri per fare meeting oltreoceano, mi sembra chiaro che non esiste al momento alcuna tecnologia adatta a rimpiazzare le relazioni faccia a faccia. Quindi per me dipende da cosa devo fare. E poi diciamocelo: molto meglio il water di casa e il non dover pensare di preparare i miei capelli per lavoro.
Andrea G.
Lavorare da casa sicuramente risparmia una certa fetta di stress, tra il poter dormire qualcosa in più e non dover dedicare tempo agli spostamenti, il concedersi un pranzo nella propria cucina. D’altro canto le distrazioni sono dietro l’angolo se come me siete persone che perdono la concentrazione facilmente. Credo che molto dipenda anche dalle attività specifiche che una persona ha da fare nel momento in cui lavora da remoto: è stata una manna avere i miei spazi e il mio silenzio per le tonnellate di chiamate che avevo da fare in questi giorni, ma non ho avuto la stessa “qualità” nel dover fare una riunione in cui ero l’unico collegato da remoto o quando mi è capitato di aver bisogno del computer in ufficio per determinate attività. Una cosa curiosa che mi è successa è stato aumentare la produttività semplicemente vestendomi con abiti non “casalinghi”: non essendo più comodamente seduto in tuta e felpa mi sono impostato leggermente meglio nelle attività.
Maurizio L.
Sono molto più abituato a lavorare in azienda; la mia esperienza di lavoro da casa è molto limitata. Devo ammettere però che in questa settimana di “pseudo-quarantena” ho lavorato bene e sono soddisfatto del lavoro svolto. È stato un ottimo investimento di tempo su progetti più a lunga scadenza ma sicuramente importanti. Per il resto, essere circondato dai miei libri di Gustav Meyrink, Louis Stevenson, Montague Rhodes James, Bram Stoker e Mary Shelley è sempre stimolante per la scrittura, di qualunque tipo sia.
Enrico B.
Lavorare da casa è un conto, lavorare in team da casa è un’altra storia. E’ questa la criticità più significativa del lavoro da remoto: continuare ad avere un continuo e puntuale allineamento col tuo team. Sappiamo quanto al giorno d’oggi decisioni vadano prese istantaneamente, quanto sia importante una risposta immediata: il lavoro da remoto funziona se il team è composto da persone responsabili (e fortunatamente nel mio caso è così).
Continuo a preferire l’ufficio, mi consente di essere contaminato (forse non è il temine giusto in questi giorni) dai punti di vista e dalle competenze dei colleghi e di vivere davvero immerso nel mio lavoro. Riservo il lavoro da remoto per il prossimo disastro globale 🙂
Tommaso R.
A livello di programmazione l’aumento di produttività del lavorare da casa in silenzio e indisturbato è incredibile. Questa settimana ho fatto più del doppio di quello che mi ero programmato di fare. Per quanto riguarda i meeting invece mi trovo molto meglio a farli di persona per ottimizzare i tempi.
Stefanella B.
Negli ultimi due anni ho svolto circa il 25% di lavoro in remoto, avendo quindi il modo di farlo diventare una condizione di abitudine tanto quanto il lavoro in ufficio. Questo mi ha permesso di crearmi delle ‘regole’ che poi sono diventate abitudini. Visto che silenzio e comfort sono per me molto importanti in termini di concentrazione e quindi di produttività, il lavoro da casa per me significa efficienza e ‘zero sprechi’. Nel mio caso inoltre significa evitare circa tre ore di spostamenti e poter fare del lavoro alla mattina presto che è il momento della giornata in cui ‘funziono’ meglio.
Allo stesso tempo però sento il bisogno di alternarlo a giornate in ufficio sia per la socializzazione che per il confronto diretto con il team.
Massimiliano F.
Per quel che riguarda me che abito distante, il risparmio in termini di tempo e denaro (viaggio e cibo) sono molto rilevanti oltre chiaramente all’elevata comodità e tranquillità. Nonostante ciò, vedo lo smart working come una pratica attuabile occasionalmente in quanto, in particolare per il mio ruolo – project manager – è molto importante la comunicazione tra colleghi.
Ivan B.
Lavorare da casa è un’esperienza che ero curioso di provare e che mi ha fatto comprendere meglio quali siano i vantaggi e gli svantaggi di questa opportunità. Personalmente ritengo che l’ambiente casalingo, se privo di distrazioni inevitabili (lavori in casa, coinquilini rumorosi, sedia di lavoro molto scomoda, ecc.) possa aiutare a svolgere quelle attività che richiedono poca interazione col proprio team e per le quali i requisiti siano ben chiari per poter procedere in quasi totale autonomia; nel momento in cui sorgono necessità di confronto continuo col proprio team diventa quasi indispensabile recarsi in ufficio perché gli strumenti di teleconferenza disponibili non saranno mai allo stesso livello. Per me che abito non così distante dall’ufficio il risparmio sul trasporto è limitato e le distrazioni in casa, abitando con una persona che lavora come me full-time e che quindi non è in casa di giorno, sono minime e questo mi permette di lavorare con tranquillità e concentrazione. Non penso che però si possa lavorare da casa tutti i giorni, la maggioranza dei giorni di lavoro dovrebbe essere svolta in ufficio per mantenere buono il rapporto coi colleghi e favorire il lavoro dell’intero team.
Alessia C.
Per me lavorare da casa o dal’ufficio cambia relativamente poco, poiché sono abituata: negli ultimi 4 anni ho lavorato principalmente da remoto per più dell’80% dei progetti, con team geograficamente anche molto distanti. Credo che i vantaggi del lavoro da remoto siano molteplici: efficienza e massimizzazione del tempo, focus sul proprio lavoro e possibilità di chiudere velocemente dei task quando questi dipendono essenzialmente da te e poche chiacchiere extra. Per lavorare da remoto è importantissimo essere bravissimi a gestire il proprio tempo e i propri limiti, per esempio, personalmente, so che se non mi fermo per pranzo arrivo alle 17 in stato semi-vegetativo, e una pausa anche di soli 10 minuti per un caffé dopo pranzo o a metà pomeriggio mi aiutano a essere molto più produttiva. La difficoltà maggiore è data dal poco contatto con le persone, è difficile essere empatici e capire le situazioni che sta vivendo il tuo team se non sei con loro, ecco perché una formula che combina remoto e ufficio può aiutare a prevenire problemi, fraintendimenti e a raggiungere gli obiettivi condivisi.
Anna G.
Lavorare da casa ha pro e contro. Non dover passare nel traffico due ore al giorno è un risparmio non solo a livello economico e di tempo, ma anche di stress (faccio 80km al giorno e spesso mi trovo imbottigliata nel traffico). A casa ho a disposizione uno studio, privacy e tranquillità che mi permettono di essere molto più produttiva rispetto al lavoro in open space in ufficio. Il confronto però è più complesso, per quanto mi riguarda le call non saranno mai tanto esaustive quanto il rapporto umano. In conclusione, secondo me è una pratica fattibile se si limita a qualche giorno. Preferisco l’ufficio per il rapporto con i colleghi e il confronto con il team, che per il mio lavoro è fondamentale.
Marco P.
La mia esperienza di lavoro da remoto per una serie di sfortunate coincidenze non l’ho passata esattamente a casa mia ma a casa dei miei. L’insieme di persone che vanno e vengono, la mia postazione non sempre fissa ma itinerante per casa alla ricerca di quiete e la mia bassa soglia di attenzione non hanno certo contribuito alla mia produttività. Quanto agli aspetti positivi, oltre ai picchi di concentrazione e produttività nei momenti più calmi, ho trovato ridotti all’essenziale sia nel numero che nella durata i momenti di comunicazione necessari a mettersi d’accordo, come le call o i messaggi su slack. Spesso infatti ci si trova a fare e/o ricevere domande che possono spezzare la concentrazione del prossimo, e la maggiore riflessione necessaria nel porle digitalmente porta a una maggiore chiarezza e coincisione nell’output finale.
Gianpaolo G.
Smart working per me vuol dire risparmio di tempo per arrivare al posto di lavoro (circa 1 ora al giorno), riposare di più, fare call senza preoccuparsi di dove andare e meno riunioni, infine per me significa lavorare non con meno distrazioni ma con distrazioni diverse: meno pause con i colleghi e quindi più focus. Tuttavia dopo una settimana la mancanza di contatto e confronto con persone e colleghi si fa sentire, soprattutto passati i primi giorni, di considerevoli comodità. In un mondo ideale si dovrebbe trovare il giusto compromesso tra smart working e lavoro in ufficio.
Sebastiano B.
Questa esperienza da remoto mi ha fatto capire che è possibilissimo lavorare da casa aumentando la propria produttività anche del 200%, specialmente se il proprio ambiente domestico risulta tranquillo e privo di distrazioni. Inoltre i vantaggi derivanti dal non doversi muovere da casa vanno, da un punto di vista personale, al fatto di non doversi svegliare troppo presto al mattino e non tornare tardi la sera, arrivando sino alla questione ambientale, questo riguarda le persone che devono usare mezzi a motore per recarsi a lavoro, quindi è sicuramente anche una scelta ecologica. Ma ci sono anche lati negativi tipo: la mancanza di stimoli di vario genere che caratterizzano un buon ambiente di lavoro (ho iniziato ad annoiarmi dal terzo giorno) e la difficoltà di confrontarsi coi colleghi su svariate questioni (include anche le riunioni).
Per concludere, trovo che lo smart working dovrebbe essere abbracciato a pieno da UQIDO in una formula tipo: un dipendente ha la possibilità di fare 1 o 2 giorni da remoto a settimana. In questo modo si aumenterebbe la produttività, diminuendo inoltre il traffico per le strade, ma senza rischiare di minare il legame che c’è tra le persone. Potremmo diventare un esempio per le altre aziende italiane.
Devis B.
Ho lavorato come freelance per anni, ero già attrezzato e preparato per l’home working.
In genere lavorando da casa sono più produttivo ed ho più soddisfazione.
Uno dei miglioramenti è la qualità della documentazione.
Anche i meeting mi piacciono, perché si evita di tirarli per le lunghe per niente e ci si dice solo l’essenziale: bisognerebbe fare così anche quando ci si trova dal vivo.
Certo mi sono mancati la pausa tè con gli amici, la quick question fatta al volo, il treno che passa. L’ideale sarebbe metà da remoto e metà in ufficio.
Ma mi ci voleva proprio, il lavoro da casa mi mancava. In primavera sotto il portico, poi, si sta benissimo.
Ed i coworking e i bar di Berlino poi… ma quella è un’altra storia.
Valentina P.
Bug: Sono stata spesso interrotta per le varie call di allineamento con i team di progetto. Non sono riuscita a lavorare focused sui vari progetti e nei momenti di necessità di un confronto non ho avuto modo di risolvere velocemente la cosa. Non avere i vicini di banco è stato strano, mi sono sentita ritornare alle origini, cioè freelancer. Io sono una grande sostenitrice del lavoro in team quindi esser sola non sempre mi appaga.
Plus: Poche persone in ufficio vuol dire più silenzio e ordine, nonchè la giusta atmosfera per concentrarsi. Non avrei molta disciplina nel lavorare da casa, quindi ho preferito venire in ufficio per riuscire a gestire al meglio il mio tempo.
Dino P.
Nonostante la mia esperienza lavorativa non sia delle più brevi, questa è stata la prima volta che ho potuto sperimentare il lavoro da remoto. Pensavo mi sarei fatto distrarre da mille cose, e invece non è stato così. Con mia sorpresa l’esperienza è stata decisamente positiva. Risparmiare un’ora e mezza negli spostamenti rende la giornata decisamente più leggera e si arriva al fine settimana con più energie. Certo la mia postazione casalinga non è adatta a lunghe sessioni di lavoro al terminale, infatti ho una stazione di lavoro in piedi, ma non sarebbe difficile renderla più agevole. Ovviamente è un po’ alienante non muoversi di casa per giorni e non poter fare quattro chiacchiere con i colleghi, soprattutto le pause caffè sono piuttosto tristi, ciò nonostante spero che in futuro diventi la norma lavorare qualche giorno da casa.
Camilla S.
La mia esperienza lavorativa a casa la si potrebbe vedere come una gita allo Zoo, con delle belve pronte a chiedere coccole e attenzioni, ma nonostante questo, le distrazioni sono poche e la produttività è maggiore rispetto all’ufficio. Poter usufruire dello smart working è sempre un’esperienza che aiuta molto, sia a capire il proprio livello di concentrazione, sia il proprio impegno lavorativo, ma ammetto che l’ambiente dell’ufficio aiuta molto, il confronto con i proprio colleghi è sempre utile a risolvere i problemi, a crescere o, il più delle volte, ad oltrepassare i propri limiti. Ammetto poi che la cosa che manca di più dell’ufficio è lo scherzare assieme, le pause caffè assieme, il poter staccare veramente la testa con una sana risata in compagnia.
Tiriamo le somme
La nostra prima esperienza di massa con lo smart working si può così riassumere: c’è un evidente vantaggio di flessibilità oraria, derivante in primis dal risparmio di tempo, del costo e dello stress del tragitto casa-lavoro. Facendo un po’ di matematica è subito evidente che porta dei risvolti anche ecologici.
Poter godere del comfort della propria abitazione è un altro importante vantaggio, che a cascata garantisce silenzio, notevoli incrementi sulla produttività, una maggiore privacy, comunicazione e meeting ottimizzati. Ma che si basa anche fortemente sulla responsabilizzazione di tutte le persone coinvolte.
Anche l’altro lato della medaglia è rappresentato da temi comuni a tutti: si sente una forte mancanza di confronto, la qualità del dialogo tra colleghi peggiora, complici le conversazioni asincrone.
Non avere vicino i propri colleghi porta inoltre ad un’assenza di stimoli, noia e isolamento: nessun momento di svago condiviso, alienazione e mancanza di relazioni umane possono incidere sulla qualità degli output, vanno perciò identificate e attuate delle misure per farvi fronte.
Ci riusciremo? L’epidemia di Covid-19 è ben lontana dall’essere controllata, quindi non ci mancherà il tempo per scoprirlo.